I radiodisturbi (RFI) sono fenomeni indesiderati di energia elettromagnetica compresi nel campo di frequenza generalmente usato per le radiocomunicazioni.

Sono generati sia da apparecchiature elettriche costruite appositamente per produrre energia ad alta frequenza (forni a microonde, apparecchi medicali, strumenti per telecomunicazioni, etc.) sia da apparecchiature e macchine utilizzanti dispositivi di commutazione elettromeccanici ed elettronici o motori (come lavabiancheria, utensili portatili, cucine, accendigas, caldaie, alimentatori tipo “switch-mode”, etc).

Convenzionalmente sono considerati condotti i disturbi compresi tra 10 kHz e 30 MHz, e irradiati quelli compresi tra 30 MHz e 1 GHz.

II laboratorio è attrezzato anche per le prove inerenti alla misura di campi magnetici con riferimento all’esposizione umana CEI EN 62233.

È disponibile presso il laboratorio una camera climatica dove vengono eseguite prove su componenti elettronici secondo le procedure specifiche.

Le norme internazionali impongono criteri di misura e limiti all’emissione di radiodisturbi, a cui tutte le apparecchiature immesse sul mercato devono essere conformi: in tutti i paesi UE dal 20 aprile 2016 è in vigore la direttiva CEE 2014/30/UE in materia di compatibilità elettromagnetica. Il rispetto di tale normativa è stata resa obbligatoria per la marchiatura CE delle apparecchiature elettroniche ed elettromeccaniche. Il metodo più efficace e nello stesso tempo più economico per superare il problema consiste nell’isolare l’apparecchiatura dalla rete di alimentazione mediante l’utilizzo di opportuni circuiti passivi (condensatori e induttanze) chiamati filtri antidisturbo.

Questi filtri svolgono una duplice azione:

• Limitare i radiodisturbi emessi dalla apparecchiatura verso la rete.
• Immunizzare la stessa apparecchiatura da disturbi provenienti dalla rete.